DL Crescita: cosa facciamo per dighe e grandi infrastrutture del Mezzogiorno
Abbiamo presentato un emendamento all’art. 24 del Decreto Crescita che interviene sulla liquidazione dell’ente EIPLI.
Ma entriamo nel merito della questione altrimenti si rischia di fare confusione.
Stiamo parlando dell’Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Basilicata e Irpinia (di seguito EIPLI, o anche l’Ente), istituito con Decreto del Capo Provvisorio dello Stato 18 marzo 1947, n. 281 e, successivamente, confermato con D.P.R. 16 luglio 1977, n. 666.
A seguito del conferimento alle Regioni delle competenze concernenti “irrigazione e trasformazione fondiaria”, con il D.P.R. del 18 aprile 1979, sono stati trasferiti alle Regioni Puglia, Basilicata e Campania i beni e le risorse dell’Ente in premessa, la cui concreta operatività è stata ricondotta nell’ambito delle funzioni di seguito riportate:
I) progettazione ed esecuzione delle opere idrauliche di seconda categoria relative ai bacini interregionali
II) esercizio e manutenzione delle opere di propria competenza
III) studi e ricerche connessi all’esercizio delle funzioni residue, attinenti alle attività di cui ai precedenti punti.
All’esito del processo di costruzione delle grandi opere idrauliche, EIPLI ha continuato ad assolvere, in via ormai residuale, ai compiti afferenti alla loro gestione, esercizio e manutenzione, agendo quale fornitore all’ingrosso di acqua non trattata:
I) per usi potabili, agli acquedotti Pugliese, Lucano e al Consorzio Jonio Cosentino in Calabria;
II) a beneficio degli usi irrigui, destinata a nove consorzi di bonifica nelle regioni Basilicata, Campania e Puglia;
III) dedicata ad usi industriali, in favore di altri utenti.
Vengono, inoltre, sfruttati alcuni salti idraulici per la produzione di energia elettrica, che viene immessa nella rete di trasmissione nazionale.
I commi 10 e 11 dell’articolo 21 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ne prevedevano la soppressione e liquidazione che quindi va avanti da circa 8 anni.
L’Ente quindi è in una sorta di perenne dismissione graduale da circa 40 anni e in questo modo non è stato in grado di adempiere efficacemente al suo compito. Ha accumulato milioni di euro di debiti e non ha operato la corretta manutenzione sulle infrastrutture idriche di sua competenza. Non sono io a dovervi raccontare i problemi e lo stato di abbandono di talune infrastrutture al Sud perché possono farlo, molto meglio di me, migliaia di cittadini.
Inoltre al tempo dei vincoli del patto di stabilità interno, che non abbiamo inserito noi in Costituzione, l’unico modo per trasferire le funzioni e le relative risorse umane e strumentali (senza operare licenziamenti e vendite a privati per capirci) dell’Ente soppresso già nel 2011, purtroppo è la costituzione di questa società in house, con la ragione sociale in Società per Azioni (anche se non rappresenta la nostra idea ottimale) con il fine di potenziare la presenza dello Stato in un settore complesso e sensibile alle aspettative delle comunità di riferimento, come quello della gestione delle risorse idriche.
Il tentativo operato con il nostro emendamento, presentato nel DL Crescita, è stato quello di mettere in sicurezza ulteriormente questa società:
- inserendo il MATTM tra i Ministeri Vigilanti,
- allargando le possibilità di finanziamento degli investimenti anche alle altre regioni del Distretto Meridionale (condizione questa già presente nel testo del 2011) con il fine di recuperare il grave gap infrastrutturale
- impedendo la vendita di quote a soggetti privati
Dove staremmo favorendo una privatizzazione? Ricordo che le fonti idriche sono e restano del Demanio regionale. E sottolineo che nessuno di noi ha mai abbassato la testa davanti ai poteri forti. Questa affermazione è scorretta quanto intellettualmente disonesta conoscendo ognuno di noi, impegnato nella battaglia per l’Acqua Pubblica ormai da anni.
Come si evince dal PTA, la risorsa idrica nel distretto meridionale è particolarmente interconnessa e prevede molti scambi interambito e interegionali.
Regione Campania – Piano di Tutela delle Acque (Ottobre 2017)
2.2.2 Il Servizio Idrico Integrato
I volumi idrici complessivamente prodotti alle fonti regionali per il comparto idropotabile sono pari a circa 866 Mm3/anno. Di questo volume, una aliquota pari a 285 Mm3/anno e una aliquota pari a 340 Mm3/anno sono rispettivamente ceduti e acquisiti attraverso scambi interambito e interregionali. Il totale immesso in rete è dunque pari a circa 921 Mm3/anno. Anche il PTA della Regione Campania, indica che i volumi immessi in rete corrispondono a circa 921 Mm3/anno, con un volume fatturato di circa 450 Mm3/anno. Se ne deduce quindi che un’aliquota variabile compresa tra il 55-60% della risorsa impegnata viene persa o non contabilizzata. All’orizzonte dell’anno 2022, i fabbisogni idropotabili della Campania sono stati stimati in 624 Mm3/anno15
fonte: http://burc.regione.campania.it
Io non mi esprimo sulle responsabilità di chi ha contribuito al fallimento di questo ente ma per la cronaca cito e riporto qui solo questo articolo della Gazzetta del Mezzogiorno per farvi capire quanto siano distribuite le responsabilità
Il grande buco dell’Ente irrigazione, crediti per 70 milioni la Basilicata non paga l’acqua dei campi
di Massimiliano Scagliarini (18 ottobre 2016)
BARI – Un ente sempre in bilico, destinato a quanto pare a confluire in una società dello Stato partecipata dalle Regioni meridionali. E una lite infinita, quella tra Puglia e Basilicata, vicine poco avvezze al fair play quando si tratta di discutere dell’acqua. Ma nei conti dell’Eipli, lo storico Ente irrigazione, ci sono le tracce di un disastro che ora interessa due Procure, quella di Potenza e quella di Bari, cui si è rivolto il commissario straordinario Antonio Lerario per cercare di fare chiarezza su troppe vicende strane.
L’Ente irrigazione doveva essere liquidato già dal 2012, ma finché non ci sarà un accordo sul «dopo» non si può toccare: gestisce 19 impianti di grande adduzione, tra schemi idrici e dighe, da cui passano ogni anno circa 500 milioni di metri cubi. Si tratta grossomodo di metà dell’acqua potabile distribuita in Puglia e del 100% di quella destinata all’agricoltura in Basilicata e di una parte della Calabria, oltre che di quella per l’Ilva. Il commissario Lerario, dirigente della Regione Puglia mandato lì ad agosto 2015 dal ministro Maurizio Martina per fare un po’ di chiarezza, in poco più di un anno ha messo mano ad alcune delle situazioni più spinose. All’insegna della trasparenza, ha messo quasi tutto su Internet. Le carte più delicate sono finite sulle scrivanie delle Procure (Eipli ha sede a Bari). Ma la questione più spinosa, per la quale il commissario non si è fatto certo molti amici, riguarda i bilanci: perché dall’elenco dei crediti, finalmente pubblici, si vede che la Basilicata ha semplicemente deciso di non pagare l’acqua.
Nel bilancio dell’Eipli ci sono infatti crediti per circa 70 milioni, di cui 36 riguardano i clienti. Quasi metà dell’intera debitoria è in capo alla Basilicata, in particolare 16 milioni al Consorzio di bonifica Bradano e Metaponto, che l’acqua – semplicemente – non la ha mai pagata. Dove sono finiti i soldi? È un’ottima domanda, considerando che gli agricoltori lucani (a differenza di quanto accade in Puglia) pagano regolarmente le bollette. Ma il principale consorzio della Regione, finora, non ha mai onorato le fatture dell’Eipli. Anche Acquedotto Lucano, la piccola società gemmata da Aqp, è morosa: deve 1,2 milioni di euro, per i quali il commissario a settembre ha chiesto un decreto ingiuntivo.
Va detto che anche la Puglia ha molti debiti con l’Eipli, ma con dinamiche diverse. Aqp deve circa 3 milioni, ma il problema è «solo» di tempistica. I consorzi Terre d’Apulia e Stornara devono rispettivamente 4,5 e 2,3 milioni, ed essendo notoriamente in crisi non pagano da anni. Ma anche facendo la somma, il debito «pugliese» è meno pesante rispetto a quello lucano.
Va ricordato che a giugno Puglia e Basilicata hanno rinnovato l’accordo di programma sull’acqua, nel quale è previsto che la Puglia – oltre al costo industriale versato all’Eipli – versi ai lucani una compensazione ambientale. La Puglia, pur con tempistiche abbastanza elastiche, sta onorando i debiti sulla componente ambientale. Quei soldi dovrebbero essere utilizzati per le manutenzioni del territorio, quelli della componente industriale per le dighe e le grandi condotte. Il risultato, numeri alla mano, è che in questo momento la Puglia paga per tutti.
Come andrà a finire? La scorsa settimana nel corso dell’assemblea Anci di Bari i rappresentanti di Palazzo Chigi hanno annunciato la costituzione di un’agenzia interregionale per la gestione delle dighe di tutto il bacino idrografico del Sud. La liquidazione di Eipli continuerà a riservare sorprese, a cominciare da certe sue società partecipate che nascondono una bomba ad orologeria. Ma questa, come si dice, è davvero un’altra storia.
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